giovedì 5 maggio 2011

Pincopanco e Pancopinco

Giochino del giorno: cosa hanno in comune Silvio Berlusconi e Pierluigi Bersani?

Ovviamente a prescindere dalla loro natura di esseri umani.

Aiutino: la cosa che li accomuna è la stessa cosa che accomuna destra e sinistra.

Qualcuno potrebbe storcere il naso dopo questa affermazione, ma non c’è nessun affronto a nessuno qui.
La risposta al giochino è: l’ideologia di fondo, o meglio il paradigma nel quale sono nati.

E con loro tutti noi.
Chiaro? 
Forse non a tutti.
Probabile che una precisazione sul concetto di paradigma possa essere utile.

Detto in modo semplice un paradigma è un pensiero che si pone come basilare, cioé come modello di riferimento, e che quindi determina il campo entro il quale si procede con la ricerca e la riflessione, che possono essere estese a diversi ambiti.
Precisato questo risulta evidente che prendere un pensiero e porlo come paradigma è sempre un esercizio di scelta, e la scelta è dettata sempre
dalla necessità di rispondere a determinate esigenze.
A questo punto può sorgere la domanda (e se non sorge da sé la faccio sorgere io):
qual è allora questo paradigma che accomuna Berlusconi e Bersani, destra e sinistra e tutti noi?
Facile risalire alla risposta: noi tutti nati, cresciuti e paffuti all'interno del sistema ad economia industriale abbiamo come paradigma centrale quello meccanicista.
Prendere coscienza di questo sfondo ideologico nel quale tutti noi "occidentali" agiamo non è facile. L'abbiamo così interiorizzato negli anni, in particolar modo nel periodo della formazione scolastica, così ancorato sul fondo alla nostra concezione del mondo che ormai fa parte dell'atmosfera che respiriamo sin dal nostro primo vagito.

La nostra società è figlia diretta di questo modo di pensare l'universo e sin dalla sua nascita (1600 circa) i fautori
di questo modello di pensiero, chiamati da Jeremy Rifkin gli architetti della concezione moderna del mondo, partirono dalla convinzione che non si trattasse di uno dei modi possibili di osservazione della natura in ogni sua espressione ma dell'unico modo possibile poiché oggettivo, neutrale e universale.
In questo modo si è posto il primo mattone dell'edificio concettuale della scienza moderna, nata in un contesto ben lontano dall'essere neutrale ed universale, ma ben preciso e che porta conseguenze ben precise.
(Basti qui citare semplicemente l'intento del suo primo teorizzatore, Francis Bacon, secondo il quale nella scienza occorreva unire il sapere umano e il potere, per giungere a quelle conoscenze e creare quelle invenzioni che "non esercitano semplicemente una guida gentile sul corso della natura; esse hanno il potere di conquistarla e soggiogarla, di scuoterla fino alle fondamenta".)

Dunque va da sé il comprendere quanto sia difficile fare di questo paradigma oggetto di osservazione visto che noi "osserviamo attraverso di esso".
E' un pò come quando una persona che porta gli occhiali si mette a cercarli non accorgendosi che li sta già indossando.
E questo paio di occhiali meccanicisti li indossiamo da così tanto che serve un certo sforzo per riabituare l'occhio a mettere a fuoco ogni cosa senza di essi.
In questo senso è difficile trovare quindi nei mezzi d'informazione (e formazione) più diffusi un'analisi a questo livello.
Per fare un esempio, sintonizzandosi su qualsiasi canale televisivo e ascoltando anche solo per poco tempo un dibattito tra politici, non si fatica a notare che il punto all'ordine del giorno è la crescita economica.
Si assisterà probabilmente anche ad uno acceso scontro sulle problematiche che impediscono una crescita più veloce e sostanziosa, sulle modalità di utilizzo dei fondi pubblici, sulle destinazioni ottimali degli stessi per favorire la ripresa, ecc.
Non si assisterà per nulla ad un dialogo approfondito sul concetto di crescita in sé.
Maurizio Pallante ha espresso in maniera chiara il concetto: 

Questo concetto della crescita, come elemento di fondo dell’economia industriale avanzata, unifica la destra e la sinistra perché entrambe le due scuole di pensiero (che si sono sviluppate nell’800 e nel ‘900 in conseguenza dello sviluppo industriale) hanno ritenuto che la crescita fosse un fatto positivo.
E lo scontro è avvenuto sulla “distribuzione” della ricchezza ottenuta attraverso la crescita.
Cioè che la torta crescesse il più possibile era un bene per tutti, si litigava su come dovessero essere distribuite le fette.

Da qui risulta evidente la motivazione del continuo riferimento dei vari esponenti del parlamento al PIL, metro di misura della ricchezza di un paese che, nonostante ne sia stata messa più volte in discussione l'efficacia descrittiva, resta sempre il grande feticcio economico.

Dunque è proprio su questo sfondo del PIL, della crescita e più in generale delle leggi dell'economia capitalistica di mercato, che troviamo quel quadro concettuale nel quale si muovono le diverse opinioni politiche dell'arco parlamentare.
Ed è normale che sia così visto che quel quadro concettuale non è stato concepito in un contesto neutro e universale (come erano convinti i padri fondatori della scienza moderna e successivamente quelli della scienza economica), ma in un ambito ben preciso: all'interno di quell'area geografica nella quale si sono sviluppate le grandi potenze coloniali, quelle potenze che avevano tutti gli interessi a mantenere la loro posizione di "dominio del mondo" e per le quali il concetto di ricchezza era ben ancorato a quello di possesso.
E visto che oggi quelle potenze coloniali hanno semplicemente traslato la loro essenza nelle potenze multinazionali, va da sé che non ci sia un grosso interesse nel portare una riflessione approfondita sulle basi stesse della loro esistenza.

A questo punto trovo ottimale porre come osservazione finale un pensiero di Noam Chomsky riguardo questa caratteristica della nostra società:

Lo strumento principale del sistema di "lavaggio del cervello in regime di libertà", che raggiunge la forma più alta nel paese più libero, consiste nell'incoraggiare il dibattito sui problemi politici, costringendolo però entro presupposti che incorporano le dottrine fondamentali della linea ideologica ufficiale”.


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