Quanti sarebbero d’accordo riguardo al crescere un bambino abituandolo a pensare che il mondo sia come nelle favole: pieno di draghi, con le nuvole fatte di zucchero filato e gli alberi pronti a dargli gelati in cambio di acqua e miele?
Un bambino che crescesse in questo modo di certo si costruirebbe una immagine mentale ben marcata del mondo nel quale sta per avventurarsi, soprattutto se nel mentre di quei racconti lo si facesse vivere anche in una casa stile parco giochi con ricostruzioni di quei draghi, di quelle nuvole e di quegli alberi.
E quanti continuerebbero a difendere la stessa idea di mondo nel momento in cui, dopo un lungo viaggio, il bambino ormai divenuto adulto, si trovasse con un mondo diverso da quello raccontatogli nell’infanzia, magari dicendogli che l’insuccesso della sua ricerca è dovuto ad un errore di percorso e di strade seguite?
Un bambino che crescesse in questo modo di certo si costruirebbe una immagine mentale ben marcata del mondo nel quale sta per avventurarsi, soprattutto se nel mentre di quei racconti lo si facesse vivere anche in una casa stile parco giochi con ricostruzioni di quei draghi, di quelle nuvole e di quegli alberi.
E quanti continuerebbero a difendere la stessa idea di mondo nel momento in cui, dopo un lungo viaggio, il bambino ormai divenuto adulto, si trovasse con un mondo diverso da quello raccontatogli nell’infanzia, magari dicendogli che l’insuccesso della sua ricerca è dovuto ad un errore di percorso e di strade seguite?
La situazione che la maggior parte dell’umanità attualmente sta vivendo non è molto dissimile da quella di quell’adulto cresciuto a pane e favole.
Da quando è stata introdotta la visione del mondo meccanicistica (ormai quasi quattro secoli), con le influenze che ha avuto sui vari settori della conoscenza e del pensiero umano, l’umanità ha vissuto e continua a vivere in una specie di “paese dei balocchi” per quanto riguarda l’immagine che ha del pianeta Terra.
Alla scoperta delle leggi che regolano l'universo, in risposta all'oscurantismo di "Santa Madre Chiesa", ci siamo fatti prendere la mano nel ridefinire la nostra autonomia come esseri senzienti indipendenti dai dettami di una fede, e siamo approdati sulle confortevoli sponde di un'altra fede: quella dell'infinitezza delle nostre capacità nel produrre beni in quantità infinita, supportati da un pianeta equivalente ad un forziere di risorse infinite.
E se il paradigma meccanicistico è uno dei due genitori, seguendo l’immagine data all’inizio del testo, che hanno deciso di crescere il bambino a suon di favole (e che l’essere umano sia riducibile ad una “macchina consumaprodotti” con bisogni infiniti non può che esser considerata una favola e anche di quelle tristi!), l’altro genitore, che persevera nel difendergli l’immagine distorta della realtà anche quando da adulto si scontra con la verità dei fatti, è il sistema capitalistico di mercato.
Nonostante l’edificio capitalista abbia già in passato e in diversi modi dato la possibilità di vedere delle crepe sui propri muri, inclusa la crisi attuale che stanno attraversando le economie nazionali degli stati occidentali, sembra che gli economisti, i guru della nuova fede, ancora non vogliano prendere in considerazione la possibilità che forse il problema di questo sistema non sta nella regolamentazione dei mercati (seguendo uno dei due schieramenti principali) o nella deregolamentazione degli stessi (seguendo lo schieramento opposto), ma nelle basi stesse sulle quali posano le sue fondamenta. Fondamenta che “sono fatte della stessa sostanza dei sogni” come direbbe il bardo.
E allora si continua nella narrazione della nostra favola e nel difenderla dicendo:
"No, tesoro. Non preoccuparti. Persevera nella ricerca perché i draghi esistono. Forse hai cercato nei posti sbagliati. Forse da solo è troppo difficile. Convinci i tuoi amici a venire con te e sicuramente in molti riuscirete a trovarli!"
Ora, che la maggior parte degli economisti, per loro formazione, non sappiano integrare nel loro campo di interesse le condizioni che la natura ci pone per ogni nostra attività non sarebbe una cosa così importante per il genere umano, se non fosse per il fatto che sono loro i “gran sacerdoti” che i governi hanno scelto come consiglieri. E loro, e noi, inebriati dalle possibilità che la gran quantità di beni prodotti negli ultimi cento anni ci hanno dato, ora come bimbi che temono la perdita di tutti i loro giochi, con difficoltà e con sofferenza pian piano iniziamo ad aprire gli occhi e a scoprire che forse quei giochi ci hanno sottratto molto.
Da quando è stata introdotta la visione del mondo meccanicistica (ormai quasi quattro secoli), con le influenze che ha avuto sui vari settori della conoscenza e del pensiero umano, l’umanità ha vissuto e continua a vivere in una specie di “paese dei balocchi” per quanto riguarda l’immagine che ha del pianeta Terra.
Alla scoperta delle leggi che regolano l'universo, in risposta all'oscurantismo di "Santa Madre Chiesa", ci siamo fatti prendere la mano nel ridefinire la nostra autonomia come esseri senzienti indipendenti dai dettami di una fede, e siamo approdati sulle confortevoli sponde di un'altra fede: quella dell'infinitezza delle nostre capacità nel produrre beni in quantità infinita, supportati da un pianeta equivalente ad un forziere di risorse infinite.
E se il paradigma meccanicistico è uno dei due genitori, seguendo l’immagine data all’inizio del testo, che hanno deciso di crescere il bambino a suon di favole (e che l’essere umano sia riducibile ad una “macchina consumaprodotti” con bisogni infiniti non può che esser considerata una favola e anche di quelle tristi!), l’altro genitore, che persevera nel difendergli l’immagine distorta della realtà anche quando da adulto si scontra con la verità dei fatti, è il sistema capitalistico di mercato.
Nonostante l’edificio capitalista abbia già in passato e in diversi modi dato la possibilità di vedere delle crepe sui propri muri, inclusa la crisi attuale che stanno attraversando le economie nazionali degli stati occidentali, sembra che gli economisti, i guru della nuova fede, ancora non vogliano prendere in considerazione la possibilità che forse il problema di questo sistema non sta nella regolamentazione dei mercati (seguendo uno dei due schieramenti principali) o nella deregolamentazione degli stessi (seguendo lo schieramento opposto), ma nelle basi stesse sulle quali posano le sue fondamenta. Fondamenta che “sono fatte della stessa sostanza dei sogni” come direbbe il bardo.
E allora si continua nella narrazione della nostra favola e nel difenderla dicendo:
"No, tesoro. Non preoccuparti. Persevera nella ricerca perché i draghi esistono. Forse hai cercato nei posti sbagliati. Forse da solo è troppo difficile. Convinci i tuoi amici a venire con te e sicuramente in molti riuscirete a trovarli!"
Ora, che la maggior parte degli economisti, per loro formazione, non sappiano integrare nel loro campo di interesse le condizioni che la natura ci pone per ogni nostra attività non sarebbe una cosa così importante per il genere umano, se non fosse per il fatto che sono loro i “gran sacerdoti” che i governi hanno scelto come consiglieri. E loro, e noi, inebriati dalle possibilità che la gran quantità di beni prodotti negli ultimi cento anni ci hanno dato, ora come bimbi che temono la perdita di tutti i loro giochi, con difficoltà e con sofferenza pian piano iniziamo ad aprire gli occhi e a scoprire che forse quei giochi ci hanno sottratto molto.
I bruschi risvegli non piacciono a nessuno, soprattutto quando si sta sognando qualcosa di piacevole. Ed è innegabile che per noi, parte di mondo che ne abbiamo assaggiato i frutti più succosi, il capitalismo sia stato ed è ancora una stanza piena di comodità.
Ma come suggerito in “The Corporation” dobbiamo stare attenti nel non confondere il senso di velocità e l’aria che ci sferza il viso con l’immagine di un volo, quando in realtà quelle sensazioni sono date da un precipitare velocemente verso un grosso schianto al suolo.
Con questo non cerco di presentare l’esperienza del capitalismo come il male assoluto.
Nella storia dell’umanità si sono susseguiti, e si susseguiranno ancora, periodi nei quali si sperimentano modi di pensiero, stili di vita e organizzazioni sociali; tutte queste sono tappe naturali e formative per l’intera popolazione umana.
Il punto è che dovrebbe essere giunto il momento di prenderci le nostre responsabilità: abbiamo la capacità di osservarci e di poter riconoscere per tempo il mondo che abbiamo intorno per ciò che è realmente, non cercando più di adattarlo a quell'immagine mentale che ci siamo formati ai tempi delle favole, senza aspettare l’impatto violento dei nostri “solidi sogni” contro il suolo della realtà.
Ma come suggerito in “The Corporation” dobbiamo stare attenti nel non confondere il senso di velocità e l’aria che ci sferza il viso con l’immagine di un volo, quando in realtà quelle sensazioni sono date da un precipitare velocemente verso un grosso schianto al suolo.
Con questo non cerco di presentare l’esperienza del capitalismo come il male assoluto.
Nella storia dell’umanità si sono susseguiti, e si susseguiranno ancora, periodi nei quali si sperimentano modi di pensiero, stili di vita e organizzazioni sociali; tutte queste sono tappe naturali e formative per l’intera popolazione umana.
Il punto è che dovrebbe essere giunto il momento di prenderci le nostre responsabilità: abbiamo la capacità di osservarci e di poter riconoscere per tempo il mondo che abbiamo intorno per ciò che è realmente, non cercando più di adattarlo a quell'immagine mentale che ci siamo formati ai tempi delle favole, senza aspettare l’impatto violento dei nostri “solidi sogni” contro il suolo della realtà.
Allora Luca Sono d'accordo con tutto quello che hai scritto. Penso che ormai siamo nella fase del risveglio forzato.
RispondiEliminaproprio oggi su fb ho letto un link che diceva: "Tutti abbiamo un piano che non funzionerà mai."
Ed è così tutti noi, facciamo i nostri progettini,belli o brutti che siano, pieni di ideali,fiabeschi o violenti, pensando che siano il nostro mondo. Il bello è che in tutto ciò ignoriamo quello che davvero sta accadendo, ovvero, che c'è un progetto che io definirei IL PROGETTO, che ci riguarda tutti e nella quale tutti saremo chiamati a fare la nostra parte.Un Progetto nel quale nessuno potrà più pensare solo ed esclusivamente a suo tornaconto ma dovrà pensare in un senso più globale per così dire.... d'altronde siamo collegati, tutti... ahimè ci saranno ancora quelli che si ostineranno a pensarla alla vecchia maniera, per loro, non ci saranno mezze misure perchè quando si sveglieranno sarà troppo tardi.
Luca complimenti per l'articolo.
RispondiEliminaE' un contributo prezioso per riflettere sulla follia delle cosidette azioni unilaterali.
Imparare ad agire e ad assumersi le responsabilità per quanto accade nel nostro mondo partendo dai sogni, la primigenia sostanza di cui siamo fatti!
Nel momento in cui la crisi ecologica coincide con il crollo dei valori e delle certezze su cui si è basata la società industriale e postindustriale, con conseguenze sugli stati d'animo individuali e collettivi, si ritiene che il mondo debba svolgere un' accurata e approfondita riflessione sulla natura dei processi che accompagnano i cambiamenti, esaminando tematiche quali l'etologia, l'epistemologia e lo studio dei sistemi.
E se ci avviassimo verso una nuova generazione che nel rimboccare le coperte ai figli,si prepara alla lettura di una fiaba dal titolo "Verso un'ecologia della mente"?...
complimenti per l'articolo!!!
RispondiEliminaFausto,Antonio e Mimmo
Facendo una battutina, direi che parli come uno che abbia vissuto Matrix e si sia improvvisamente risvegliato per scoprire che le macchine hanno preso il sopravvento.
RispondiEliminaMa per essere seri... Credo che la vedi in maniera un pò troppo assolutista. Quanto dici è vero, ma solo nella teoria. Perchè in pratica siamo noi stessi a crearci un mondo illusorio e a tenercelo stretto. E' qualcosa che appartiene alla società. La società, che è di per sé un qualcosa di artificioso, creato dall'uomo, per l'uomo, e anche contro l'uomo se vogliamo. Sono state tante le menti che hanno cercato di cambiarla, nei modi più svariati, ma per risolvere il problema di cui parli, che a mio punto di vista è un'utopia, sarebbe necessario abbattere la società intera e tornare allo stato primitivo.
Oscar
Ciao Oscar,
RispondiEliminami fa piacere che poi abbia trovato il tempo di leggere l'articolo.
Entrando nel merito del tuo commento credo che ci sia bisogno di far ordine.
"Quanto dici è vero, ma solo nella teoria. Perché in pratica siamo noi stessi a crearci un mondo illusorio e a tenercelo stretto."
Dciamo che come affermazione la prima andrebbe chiarita: cosa pensi sia solo teoria? D'altronde nell'articolo analizzavo l'evoluzione del pensiero dell'uomo europeo dal momento in cui storicamente si è "tolto dalle mani di Dio" per dirla con una metafora, cioé da quando si è emancipato dai secoli di oscurantismo ecclesiastico.
Riguardo il fatto che siamo noi stessi a crearci un mondo illusorio direi che in quello che ho scritto il punto che metto sotto i riflettori è proprio quello quindi non vedo la divergenza.
Da qui vado direttamente alla parte finale.
"...ma per risolvere il problema di cui parli..."
In ciò che ho scritto non parlo di "problema da risolvere", faccio una semplice osservazione in generale sulle cause dalle quali si arriva al nostro moderno modo di pensare e di vivere. E facendo questa osservazione delle origini implicitamente ne consegue che come ogni cosa che ha un inizio anche questa ha una fine.
Il punto che sottolineo è quello di una presa di coscienza delle nostre basi mentali e non suggerisco una soluzione proprio perché solamente in sé stessi si può arrivare a vedere la via di uscita.
Capisco la difficoltà che esprimi alla fine dicendo "a mio punto di vista è un'utopia", ma quell'utopia è una cosa che esisteva prima del nostro sistema economico-sociale e che esiste tutt'ora.
Il punto è che per afferrarne la possibilità bisogna, per usare una espressione ormai abbastanza nota, "decolonizzare l'immaginario" che abbiamo e che è colonizzato appunto da questo modello mentale che tutto inghiotte.